La musica del corpo: Sonoma di Marcos Morau

La Danza segna miticamente ma anche storicamente il passaggio dalla semplice aggregazione di esseri umani alla comunità di individui, capace di condividere, di ciascuno, appunto il loro essere individui.

Così 1+1+1+1+1+1 eccetera ‘somma’ esteticamente ben di più della loro semplice ‘somma’ aritmetica e da quel fondo strumentale e ritmico, da quel cerchio magico, come lo definì Susanne Langer, emerge da esso generata prima la melodia del canto e poi la ‘parola’ che finalmente pensando sé stessa narra dei molti e di ciascuno mentre transita, oltre ogni oscuro Stige presidiato da un qualunque Caronte, il Tempo, anzi il triplice tempo della Vita.

Tutto questo ha un nome, il nome di Dioniso che morendo rinasce ed i cui tamburi battono con mani femminili incessantemente, anche quando sono apparentemente silenti, quel triplice tempo dentro lo spazio fisico che la danza ha creato rendendolo concreto.

E la vita è coerentemente ‘femmina’ di quel femminino che, partecipando di entrambi, risolve in sé anche il maschile e che genera e miscela con creatività inesauribile e inesausta Logos e Natura, la Natura nel Logos e specularmente il Logos nella Natura.

Dunque Sonoma, lo spettacolo, il dramma-danza di Marcos Morau giovane coreografo valenciano di riconosciuto spessore andato in scena al Teatro della Tosse di Genova, è, oltre ogni metafora, il Teatro, ovvero, prendendo in prestito il titolo di un bel film di Vittorio De Sica, è il teatro “Ieri, Oggi e Domani”, ne mostra ciò che è eterno ed universale (almeno umanamente parlando) ma insieme lo trasfigura anche in un vero precipitato, per psiche e sentimento, del presente così che, catarticamente, potremo anche prepararci al futuro.

È uno spettacolo raro, profondamente etico nella sua stessa estetica, di grande religiosità nel senso più ampio del termine, e non a caso le parole drammaturgiche, che danno forma e robusta struttura al procedere della narrazione scenica, sono una sorta di rilettura, mescolata e come un albero incistata dalle più diverse suggestioni, dal visionario “Discorso della Montagna” riportato nel Vangelo (Matteo 5/7).

Una vera e propria, ed illuminante, coreusi in cui la potenza generatrice della Tragedia Antica si sofferma quasi, assorbendolo, nell’atto di guardare la contemporaneità, non solo nei suoi contenuti ma anche nelle sue modalità propriamente linguistiche, le cui dinamiche suggeriscono i paesaggi onirici e surrealisti, talora pregni di devastante ironia, dei conterranei (dell’autore) Luis Bunuel e Salvator Dalì.

Il tutto portato in scena, quasi letteralmente caricandoselo su spalle e spirito da vere artuadiane atlete del cuore, dalla Compagnia, anch’essa spagnola, La Veronal il cui curioso nome, qualunque sia l’origine, la giustificazione e la finalità della scelta, ci ricorda comunque come la Danza, con e dentro il Teatro, e questo spettacolo in particolare, sia al suo fondo, irraggiungibile forse, un φαρμακός , il veleno espiatorio che risana singoli e comunità.

Un ensemble qui di sole donne, a esprimere quella antica natura e quell’antico potere molto modernamente trans-genere e trans-litterale che è Dioniso ed è la Vita che genera e si genera, donne che compongono e disfano quel cerchio transitando dalla luce al buio, dal silenzio al canto, dalla melodia alla parola, e infine dalla vita alla morte.

Anzi al contrario, poiché se c’è un segno metaforicamente o simbolicamente distintivo di questo bellissimo spettacolo è quello di esprimere, lato sensu, un percorso ribaltato che sembra andare dalla morte alla vita, dalla rigidità delle bambole/ancelle su un mobile carillon alla ribellione rivoluzionaria (etimologicamente il girare attorno), dal nero di vestali dal volto coperto al cospetto di enigmatici giganti-fantoccio al bianco di spose vergini in fiorita processione.

Non è facile, e forse non è neanche giusto ma è dovuto, far sentire il dinamico movimento, una vera e propria scrittura o musica del corpo, che queste bravissime artiste compiono sulla scena, guidato e ferreo nella sua apparenza caotica, seguendo un fine che alla fine, quando la fuga diventa ribellione, esplode nel tuono dei tamburi a richiamare verità e giustizia per le donne che seguono un dio e, attraverso di loro, per un mondo che sembra averle, verità, giustizia e le donne stesse, tutte dimenticate.

Rappresentazione in lingua francese con sopratitoli a ricordare l’Opera lirica, ma qui la qualità espressiva, nel senso di capacità di esprimere un significato, propria delle protagoniste in scena ne ha assorbito l’eventuale difficoltà in un piacevole gioco di sguardi, mentre le belle musiche di accompagnamento sembravano integralmente ‘fondersi’, nel suo significato primo, in scena fino ad essere quasi da essa inseparabili.

Sono tutte le protagoniste non solo di grande qualità tecnica e, oserei, affettiva nella danza, ma sanno mescolare da artiste il canto e la recitazione richiamando a sé i nostri sensi distratti.

Uno spettacolo di caratura internazionale il cui merito si riflette sulla Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse che ha consentito alla nostra città di accoglierlo. Due repliche il 2 e 3 dicembre alla Sala Trionfo del teatro della Tosse, sala piena di un pubblico multigenerazionale ma tutto entusiasta e che, quasi commosso, ha trovato riposo in lunghissimi applausi.

SONOMA Idea e direzione artistica: Marcos Morau. Coreografia: Marcos Morau in collaborazione con i ballerini. Ballerini: Lorena Nogal, Marina Rodríguez, Julia Cambra , Ariadna Montfort, Núria Navarra, Àngela Boix, Laia Duran, Anna Hierro, Alba Barral. Testo: El Conde de Torrefiel, La Tristura e Carmina S. Belda Répétiteurs Estela Merlos e Alba Barral. Consulenza artistica e culturale: Roberto Fratini. Assistente vocale: Mònica Almirall. Direzione tecnica e Disegno luci: Bernat Jansà. Direttore di scena, oggetti di scena ed effetti speciali: David Pascual. Sound design: Juan Cristóbal Saavedra. Voce: Maria Pardo. Scenografia: Bernat Jansà e David Pascual Costumi Silvia Delagneau. Sartoria: Mª Carmen Soriano. Modisteria: Nina Pawlowsky. Maschere: Juan Serrano – Gadget. Effetti speciali Creatore di giganti: Martí Doy. Oggetti di scena: Mirko Zeni. Produzione e logistica: Cristina Goñi Adot. Direzione di produzione: Juan Manuel Gil Galindo. Coproduzione: Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Tanz im August/HAU Hebbel am Ufer, Grec 2020 Festival de Barcelona – Institut de Cultura Ajuntament de Barcelona, Oriente Occidente Dance Festival, Theater Freiburg, Centro de Cultura Conde Duque, Mercat de las Flores, Temporada Alta, Hessisches Staatsballett nella cornice di Tanzplattform Rhein – Main. In collaborazione con: Graner – Fàbriques de Creació e Teatre L’Artesà. Progetto beneficiario del progetto di cooperazione transfrontaliera PYRENART, nell’ambito del programma Interreg VA Spagna – Francia – Andorra POCTEFA 2014 – 2020 – European Regional Development Fund (ERDF). Con il sostegno di INAEM – Ministerio de Cultura y Deporte de España e ICEC – Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya.

Pubblicato su Rumorscena il 6/12/2023 Foto di Ana Fabrega

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