Il rogo, condanna o riscatto

Il fuoco di Gaia Aprea riaccende con un’alternanza di fiamme e brace un coup de theatre che non manca di originalità nella sterminata storiografia  e letteratura sulla Pulzella d’Orleans.

“Giovanna d’Arco”, l’atto unico portato dal Festival dell’Eccellenzalfemminile sul palcoscenico del Duse, a Genova, è firmato Maria Luisa Spaziani e regala, in aggiunta alle emozioni e alla possibilità di riflettere sulla condizione  e le pulsioni femminili, anche l’esempio di come ci si possa accostare  a un’ icona con la libertà consentita ai poeti ..

Merita di essere segnalato perché non sempre, purtroppo, questa disinvoltura è sinonimo di intelligenza e di coerenza narrativa.

Un applauso dunque, se mai ce ne fosse bisogno, alla poetessa che sceglie una versione apocrifa del mito per riplasmarla a sua volta: con un intervento che una nuova strada per esplorare la personalità  della protagonista.

Giovanna D’Arco è un grande esempio (ne abbiamo anche nella cultura pop contemporanea) di come il sentimento popolare non si rassegni alla scomparsa di una figura carismatica e  senta il bisogno di colmare il vuoto con figure sostitutive.

Nel caso di Giovanna D’Arco, già all’epoca , voci  popolari e molti trattati diffusero l’idea che a bruciare tra le fiamme del rogo non ci fosse stata  la futura santa patrona di Francia , ormai politicamente scomoda,   ma una  pseudo strega di poco conto . Si può leggere anche anche  che un’avventuriera dell’epoca , già esperta in truffe e pronta a cogliere questo sentimento popolare che immaginava Giovanna ancora viva, avesse approfittato della somiglianza con lei. raccontando di essere sopravvissuta al supplizio, sarebbe riuscita ad ingannare il vescovo di Colonia,  per un certo tempo perfino Carlo VII,  a sposare un cavaliere, Robert des Armoires e a dargli due figli.

Maria Luisa Spaziani,  che dedicato alla vita di Giovanna il tempo necessario per destreggiarsi tra il vero e il falso, ma che non ne fa un proprio problema drammaturgico, opta invece per la versione che vuole la vera pulzella moglie Robert.  Questa svolta della vergine guerriera le consente infatti un epilogo che lascia agli spettatori più di un interrogativo. Sfuggita al supplizio e confinata in un castello sperduto, sarà lei stessa  a scegliere di lanciarsi tra le fiamme: per il rimorso di essere sfuggita al suo destino o perché questa nuova vita la imprigiona nell’inerzia, in un ruolo subalterno, nella noia?

L’interpretazione di Gaia Aprea, che aveva già affrontato il personaggio con regia di Luca de Fusco e che in questa nuova versione dirige se stessa sintonizzandosi sulle musiche di Daniele Pennariva,  lascia spazio a tutte le possibilità con un finale dall’accento sognante e sospeso.

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