Roberto Bolle è “Caravaggio”: un’interpretazione potente

Le luci sono traiettorie che segnano la distanza fra un uomo e la sua opera di artista. Quasi che questa tensione fra vivere nello spazio-tempo e volare oltre la finitezza del proprio corpo sia dolorosa.

Caravaggio, del coreografo Mauro Bigonzetti,è un lavoro coreografico già di per sé potente e memorabile. E’ stato messo in scena integralmente in al Teatro degli Arcimboldi di Milano con l’étoile scaligera Roberto Bolle e una trentina di giovani ballerini chiamati a prendere parte al progetto.

Ispirato alle opere del pittore italianoMichelangelo Merisi, in arte Caravaggio(1571-1610), il balletto in due atti mette in risalto la complessità della sua figura, sia come uomo sia come artista. Ed entra nel suo travagliato mondo interiore, fatto di inquietudini e conflitti, ma anche nell’espressione della sua arte.

Il disegno del coreografo, uno dei nomi più acclamati della scena contemporanea, è preciso e strutturato. Traccia di volta in volta diversi aspetti, sociali, interiori e artistici, che si concatenano l’uno all’atro in un fluire legato e armonioso: attraverso una gestualità talvolta forte e incisiva, terrena, talvolta delicata come può esserlo un’immagine sognata che al risveglio sentiamo di aver vissuto davvero.

Sul confine fra queste interazioni di sguardi e dimensioni si muove l’opera, un balletto psicologico e drammatico che ha le sue “note” ricorrenti nel solo, nei duetti, terzetti e quartetti, inframmezzati da scene corali che allentano la tensione e imprimono il moto ad un’azione sostanzialmente incentrata sull’io caravaggesco.

Un dualismo che si riscontra nel realismo del primo atto, in cui il pittore è immerso nella vitaromana opulenta dell’epoca, e nell’astrattismo del secondo atto in cui l’artista cade nel buio del suo interiore.

La musica del compositore Bruno Moretti, che ha dato una nuova orchestrazione sinfonica ai brani di Claudio Monteverdi tratti dall’Orfeo, l’essenziale ma potente arredo scenografico, il sapiente disegno luci di Carlo Cerri, i costumi di Lois Swandale e Kristopher Millar che prendono spunto dai quadri di Merisi esaltano il raffinato pensiero coreografico degli ensemble gioiosi, dei passi a due d’amore, d’amicizia e delusioni, la solitudine del tormento.

I corpi dei ballerini, le prese, i movimenti e le relazioni sembrano a tratti emergere dai chiaro-scuri delle luci come rivelazioni, e dal rosso che inonda l’interno di una cornice vuota nel finale:una finestra che diventa il doppio ma è anche lo spazio irraggiungibile di un’intenzione, unpensiero di morte.

L’interpretazione di Roberto Bolle, la sua fisicità plastica, la perfezione e carnalità dei movimenti, ci portano a un’interpretazione che genera un continuo balzo di prospettiva: dall’opera all’artista e viceversa.

Nessun quadro di Caravaggio è visibile, solo la sensazione della sua dolorosa meraviglia.

Dopo il debutto, avvenuto il 7 dicembre 2008 all’Opera di Stato di Berlino con lo Staatsballettdiretto da Vladimir Malakhov, che all’epoca commissionò il balletto a Bigonzetti e si esibì con Polina Semionova in una storica serata, di questa pièce si ricordano l’allestimento del Bolshoi nel 2022 con Svetlana Zakharova e Artemy Belyakov e del Teatro Colón di Buenos Aires nel 2023 con Bolle e Maria Koreva, prima solista del Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e sua splendida partner in questa edizione italiana.

Questa produzione, collaborazione fra la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e Artedanza, con il supporto del Ministero della Cultura, sarà ospitata a novembre al Teatro Regio di Torino.

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