Un anno e più di chiusura, tra distanziamenti e decreti che impedivano ogni possibile messa in scena in presenza di pubblico la grande crisi è andata avanti provocando discussioni e richieste di attenzione politica ed economica. Poi l’annuncio che mette tutti in fibrillazione. Sarà la volta buona e riapriranno i teatri ed i cinema. Anche se ristori ed aiuti non sembrano sufficienti a garantirne la vita e gli incassi nemmeno. Ne parliamo con Luigi Grispello, presidente dell’Agis Campania e vicepresidente nazionale dell’Anec.
Presidente, allora si riparte?
«È facile dire riapriamo, altra cosa è aprire. Molte aziende avranno grandi difficoltà e bisogna distinguere per il settore dello spettacolo. Teatro e cinema per esempio sono due mondi simili ma molto diversi e con problematiche differenti, e un’altra distinzione va fatta tra chi fa spettacolo all’aperto o al chiuso.»
Ci sono manifestazioni e richieste precise
«Tutti vorremmo aprire, è certo. Però ci sono differenze climatiche, sociali, economiche, culturali, che creano problematiche diversissime da affrontare da regione a regione. Milano o Palermo non hanno gli stessi problemi.
All’aperto sarà più facile?
«All’aperto il rischio è molto più basso, al chiuso invece bisognerà distinguere tra un chiuso dove si parla ed un chiuso dove si suona. Dove c’è la parola c’è più rischio se non c’è un efficace impianto di areazione che garantisca il ricambio “a tutt’aria”, cioè con parametri ben precisi, e l’uso della mascherina ha un peso importantissimo.»
Molti chiedono di sapere con anticipo e certezza quando si potrà ricominciare
«È evidente che riaprire le sale cinematografiche significa programmare con almeno trenta
quaranta giorni di anticipo, bisogna lanciare i film con un lavoro di preparazione indispensabile. Poi bisognerà riattivare i flussi degli spettatori che già prima della pandemia per molte sale non erano incoraggianti.
E per i teatri di prosa?
«Il problema è ancora più complesso, bisogna attivare le compagnie, decidere cosa mettere in scena e contrattualizzare attori, tecnici, collaboratori; ci vuole tempo, lungimiranza, impegni e certezze che non dipendono soltanto dalle decisioni dei singoli. Per non parlare della difficoltà enorme a programmare una tournée con gli spostamenti da una citta all’altra e con regole magari differenti da una regione ad un’altra.»
Difficile riaprire tagliando il numero dei posti disponibili?
«Un teatro che ha 1500 posti e può utilizzarne 500 non potrà mai sostenere le spese della riapertura, e un teatro anche più piccolo avrà capienze ridottissime che non potranno mai coprire i costi di esercizio.»
Ma ci sono gli aiuti, i soldi ricevuti
«I cosiddetti ristori non sono sufficienti, non lo sono stati e non lo saranno. Un teatro o un cinema ha dei costi fissi di esercizio anche se sono chiusi. Costi che non possono certo essere soddisfatti con un pubblico ridotto a meno della metà. Se rimarranno vietati gelati, bibite, patatine e pop corn che sono l’unico introito certo in un cinema, per molti sarà meglio non aprire.»
Meglio allora pensare per ora ai mesi estivi?
«All’aperto i problemi sono minori, ci sono dei protocolli, anche se ci sono distanziamenti che variano da decreto a decreto ed incidono molto. Un metro o un metro e mezzo di distanza tra uno spettatore e l’altro è misura che incide moltissimo e può fare la differenza.»
Ma allora chi deciderà quando e come riaprire?
«È l’andamento della pandemia e il numero dei ricoveri che ci farà decidere, e sono numeri che non si possono prevedere in alcun modo.»
Il pubblico ritornerà a teatro e al cinema?
«La gente ha paura, le varianti spaventano, non sappiamoscome risponderà alla riapertura. Per sei mesi o un anno il pubblico non ritornerà nei numeri di prima e per molti già era un problema fare attività in quelle condizioni.» (giulio baffi)