Una strada dopo il contagio

Un pugno nello stomaco, per spietatezza simbolica delle immagini  e l’abbraccio autenticamente catartico, non genericamente consolatorio,  dei versi di Sofocle nel sotto porticato di Palazzo Ducale ha costretto gli spettatori (rigorosamente scaglionati in sicurezza) a interrogarsi sulla paura, questo virus della mente e dell’anima che ha rubato la vita  a tutti, come e più ancora del  Covid.

Perché ricordare una mostra spettacolo appena conclusa , “Edipo,  io contagio”, ambientata in una mitica Tebe devastata dalla peste e diretta da Davide Livermore?

E’ inusuale: in tempi normali su queste pagine preferiamo segnalare. Ma qui ora si sta parlando di una voce unica nel deserto.  C’è , in primo luogo,  la speranza di condividere quelle emozioni, di poter assistere a un nuovo allestimento di quel percorso, realizzato dal Nazionale di Genova con elementi scenografici prestati dalla Scala di Milano (in piena sicurezza con ingresso libero per quanto il biglietto ma con prenotazioni super contingentate) e di suggerirlo ai soci Cup nell’eventualità che venga ripreso:  è inusuale e avvincente camminare tra sagome di cavalli uccisi in battaglia e carcasse di buoi che grondano  sangue, per  tornare tra i rottami del nostro tempo ascoltando  brani tratti dal primo atto della tragedia recitati da giovani attori  che lasciano sgorgare fiumi pathos dalle teche dove sono imprigionati.

Ma , al di là di questo particolare evento,  c’è anche una strada che va oltre questo specifico evento e che andrebbe seguita anche quando questa infinita emergenza sanitaria avrà smesso di tormentare tutto e tutti, soprattutto la cultura.

La collaborazione tra musei e teatri, così come quella tra diverse realtà teatrali non è una novità assoluta ( basti pensare , andando indietro di molte stagioni, alla Cleopatra di Sgarbi recitata ai piedi di quella del Guercino a Palazzo Rosso, a una pièce di Elkann al Chiossone , a recital trasferiti dalla Tosse al Sant’Agostino).

Ma in tempi tranquilli a volte si erano avvertite anche difficoltà nel conciliare le esigenze organizzative diverse dei vari enti.

In un momento in cui mostre e spettacolo hanno una fortissima esigenza di riprendere il loro rapporto con il pubblico ci si augura che questo Edipo sia di buon auspicio per la buona volontà di tutti: perché l’arte non sia sempre la prima ad essere imprigionata e l’ultima a essere liberata.

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