Lo chiamano “Occhio” perché è uno spazio circolare, multifunzionale e aperto alle due estremità opposte, con vista sui vigneti, le collinee gli alberi dove sorgono le aree glamping del Villaggio Orsolina 28 nel Monferrato. E’ qui che i migliori allievi di danza provenienti da tutto il mondo partecipano ai workshop sulla tecnica e sulle creazioni dei grandi coreografiinternazionali. E’ qui che talvolta i coreografi fanno prove aperte al pubblico delle loro creazioni.
Ed è ancora qui, in questo luogo intimo e raccolto nella natura, che lo sguardo si fa dialogo fra interiore ed esteriore, fra singolo e comunità. Non solo visione ma relazione con tutti gli elementi dello spazio circostante.
Siamo a Moncalvo, poco distante da Asti in Piemonte, dove Simony Monteiro, formazione alla School of American Ballet e all’Alvin Ailey American Dance Theater, ha fondato Orsolina 28 Art Foundation di cui è direttrice artistica.
Un centro internazionale di creazione artistica, ricavato da un ex convento di suore Orsolineristrutturato. Ad ogni stagione richiamacoreografi di fama internazionale, danzatori, musicisti e compositori. Per creare e condividereprima del debutto, per trasmettere ai ragazzil’idea di un processo.
Ad ogni ‘Intensive’ ne arrivano circa una sessantina di cui solo l’8 per cento italiani. Tutti selezionati attraverso curricula e video.Moltissimi sono americani. Lo hanno saputo anche per passaparola. Chi ci è già stato torna a casa e racconta. L’intento è di perfezionarsi ma anche, fra un workshop e l’altro, di girare fra gli orti per raccogliere i prodotti a km zero del villaggio, di fare passeggiate e scambiarsi esperienze prima di rifugiarsi nelle ombrose tende del bosco.
Ci sono spazi comuni dove consumare i pranzi, ma c’è anche un ristorante-bar dove alla fine degli Intensive si fa una festa con dj set, una sala prove incastonata in un giardino tropicale e unpalcoscenico a cielo aperto sull’orizzonte collinare della campagna.
Il focus del progetto? Residenze di creazione nella danza (Focus on Creation e Call for Creation), nella musica (Cherry Notes Series), e programmi di formazione intensivi (Intensive e per Moncalvo in Danza, per cui Orsolina ha cominciato a collaborare da quest’anno). Ma anche iniziative di inclusione e accessibilità alle arti attraverso il coinvolgimento di comunità vulnerabili del territorio.
Il costo dell’intero progetto? Un milione e mezzo di fondi quasi interamente privati. Un investimento importante in un momento in cui la cultura fatica a sopravvivere.
Torniamo alla danza. Undici residenzecoreografiche sono state coprodotte da Orsolina 28 nel 2025, fra cui la compagnia Gauthier Dance, che ha lavorato alla nuova coreografia di Akram Khan “Turning of Bones” (14 e 15 giugno), la Sydney Dance Company, che dedicala residenza allo sviluppo di “Spell”, il nuovo lavoro del airettore artistico Rafael Bonachela (21 giugno); Yue Yin Dance, per la creazione di “Elsewhere” (28 giugno), Sharon Eyal Dance Company, per la creazione di “Delay the Sadness” (23 agosto), il nuovo lavoro di Sharon Eyal che aprirà il Festival Torinodanza a settembre 2025. Ancora, la compagnia milanese Laccioland, nata nel 2012 come nuovo esperimento di analisi e sviluppo originale delle danze urbane, che porterà sul palco la creazione di Laccio “11” (4 ottobre).
Siamo stati invitati al Villaggio per vedere il workshop sulla tecnica di Jiří Kylián, e la prova aperta di “Turning of Bones” di Akram Khan, prima del suo debutto a Stoccarda al Colours International Dance Festival per la Gauthier Dance Company.
E’ stato così che abbiamo scoperto questa realtàdi grande spessore culturale, osservando prima i meravigliosi ragazzi del workshop e poi i 16 danzatori di “Turning of Bones”, spettacolo che assembla ed elabora alcuni estratti dei precedenti lavori di Akram Khan, artista anglo-bengalese fra i più acclamati.
Il titolo, “Turning of Bones”, fa riferimento a una cerimonia di commemorazione dei defunti praticata in Madagascar, conosciuta come Famadihana, la “festa del rivoltamento delle ossa”. In questa tradizione i morti vengono esumati ogni pochi anni e avvolti in nuovi teli di seta per onorarli e danzare con loro.
Khan si immerge nella storia dei suoi stessi lavori coreografici per reinterpretarne alcune scene: Jungle Book, Mud of Sorrow, Desh, ItMoi e Insirgents.
“Ho scelto queste scene con grande attenzione –spiega – perché sento che sono state le più ricorrenti nei miei pensieri durante tutta la mia carriera, che si tratti del nostro rapporto con la Terra, della vita e della morte, dell’umanità o della ricerca dell’identità”.
Un lavoro magnetico, potente, con una qualità di movimento e di espressività in grado di muovere una profonda condivisione emotiva nello spettatore.
Con il viso segnato da tratti neri e i piedi scalzi, i danzatori si muovono in gruppo attorno a una pietra. Venerata, agognata, contesa. Alcuni si staccano, sono soli, combattono, si uniscono di nuovo, battono forte i piedi sulla terra come in un rituale e hanno braccia come quelle di Shiva. Isuoni cupi, le musiche antiche, le melodie e le voci costituiscono la partitura potente di un’azione sempre corale e collettiva, anche nei momenti di assolo: il corpo di un uomo si curva verso il basso e non vede che la terra, mentre una donna cerca di raggiungerlo e sostenerlo ma non ce la fa, non vuole o non può. Ecco, quella pietra iniziale che attraversa tutto lo spettacolo, apparentemente sacra, sarà usata per annientare.
Il prossimo appuntamento è sabato 19 luglio alle 19.30 con lo spettacolo “Le stelle di domani” all’Open Air Stage di Orsolina28 Art Foundation: è il frutto di una residenza con il coreografo Simone Valastro, diplomato alla scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, ha danzato fino al 2020 con l’Opéra di Parigi e ha firmato creazioni per compagnie di tradizione come il Bolshoi, l’Opera di Roma, e la Scala.