Otello di Monteverde con il Balletto di Roma

Un’Otello desueto, dirompente, provocatore, quello del coreografo Fabrizio Monteverde,  che a distanza di sedici anni dal suo debutto al Festival di Civitanova Danza nel 2009, si presenta al Teatro Regio di Parma, con una nuova edizione allestita per il Balletto di Roma, cucita come un abito sartoriale sulla fisicità dei ballerini che compongono l’attuale Compagnia, per creare quella particolare osmosi tra personaggio e interprete, necessaria per rendere credibile la veridicità dei sentimenti così attuali ancor oggi. Il paragone è presto detto, con il tema ossessivo della gelosìae i femminicidi costantemente sulle pagine di cronaca  e attualità dei giornali. Con la cifra stilistica riconoscibile che lo caratterizza, Monteverde, incalza con uno stile neoclassico dalle tinte forti rock e dark , con costumi dalle linee gotiche per gli uomini coperti la lunghi soprabiti evocanti un romanticismo veneziano e donne in succinti bustièrs corsetti per meglio accentuare le movenze in stile sado maso  che il coreografo prende come supporto per raccontare nei, passi a due, a tre, e la moltiplicazione dei personaggi con tutto l’ensemble, di ambiguità lascive ed esplicite, che il testo di Shakespeare gli ha suggerito ed ispirato. Così le scene, da lui stesso firmate, proiettano l’azione sul pontile portuale ove tutto si consuma senza alcun ritegno, corteggiamento, sesso, omicidio, donando un taglio cinematografico all’azione citando volutamente Fassbinder, oltre lo spazio e il tempo del testo narrativo, complice, l’incalzante, ipnotica musica di Antonin Dvorak ed un’atmosfera noir che richiama il tratto del disegnatore fumettista Moebius . La ricerca di Monteverde tende al teatro in danza per l’approccio con cui, il coreografo consegna nelle mani degli interpreti il processo coreografico lasciando che questo restituisca nei personaggi, molto del vissuto dei ballerini, per aggiungere smalto ed autenticità alla storia. Un Otello  che scuote le coscienze ed induce a partecipare, non ad essere mero spettatore dell’azione scenica, lasciando il finale come in un atto di sospensione in cui la morte in proscenio esibisce il corpo esanime, un linguaggio che la Compagnia talentuosa con i sui venti elementi, porterà in tournée in Cina.

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